sabato 12 aprile 2014

Due mesi e un mondo

Ero alla mia prima uscita di coppia dopo una vita di reclusione dovuta al risparmio economico tassativo promosso bilateralmente da me e il mio uomo per poterci permettere le spese della nuova casa che a breve avremmo finalmente terminato di costruire.
L'occasione era il 40esimo compleanno della mia collega ed amica mia omonima, e devo dire che la signora aveva fatto le cose davvero in grande.
Osservare da vicino i tuoi colleghi fuori dall'ambiente lavorativo può risultare davvero molto interessante e quella serata aveva preso una piega a dir poco ludica.
Il cibo squisito, la casa enorme della sua mamma, i quasi 50 invitati tutti bei borghesi agghindati a festa e poi... poi noi colleghi pazzi a smorzare un po' l'ambiente formale che evidentemente il rango sociale della mia omonima riteneva fosse più adeguato a tale situazione.
Non ero molto rilassata quel sabato sera.
Avevo lavorato tutta la mattina per la chiusura di una gara d'appalto che mi aveva regalato notti insonni per tutta la settimana appena terminata ed avevo anche affrontato una due giorni in trasferta da un cliente che più al nord italia non si poteva trovare, con conseguente sistematico trauma da freddo, congestione nasale e disturbo compulsivo da starnuto.

Appena terminata la gara avevo finalmente preso in mano il telefono e avevo scritto un messaggino alla mia migliore amica: "Finalmente libera da traumi lavorativi e pronta alla nostra promessa uscitina, quando ci vediamo?".
Marzia non aveva risposto.
Del resto Marzia è forse tra le pochissime donne che conosco a fare un lavoro per cui non devi svegliarti presto, per cui non la biasimavo se a mezzogiorno era ancora a letto a rotolarsi fra le coperte.
Un paio d'ore dopo però non aveva ancora risposto, nonostante l'avessi chiamata più volte e, quando arrivai alla festa di compleanno della mia collega, avevo già provato a contattare Marzia forse 10 volte, avevo scritto al fratello e ad un'altra nostra amica per chiedere notizie ma nessuno mi aveva risposto.

La festa, dicevo, procedeva davvero bene e cercavo di divertirmi nonostante quel piccolo tarlo da agitazione pulsasse dentro di me chiedendomi che diamine di fine avesse fatto Marzia.

Un trillo sul cellulare mi fa sobbalzare perchè era dall'inizio della festa che non c'era campo.
Un messaggio con la foto di un articolo di giornale online.
"Maledetta linea, non carica!!".

Poi finalmente una telefonata.

"Giorgia, sono il fratello di Marzia, pensavo che avessi saputo, mi dispiace dirtelo io così ma come sai Marzia passava un periodo difficile e purtroppo l'altro ieri si è buttata sotto un treno..."

Tutto quello che è venuto dopo non lo ricordo.
Ho avuto un attacco di panico, mi hanno detto, non ho capito più nulla di quel che mi raccontava il fratello al telefono, sapevo solo che Marzia era viva ma in ospedale.

C'è voluto tutto il coraggio del mondo, o forse tutta la mia irresponsabile ed irrazionale forza di volontà, per farmi portare al primo orario di visita disponibile in ospedale per vedere la mia amica in un letto.

Un crollo psicotico con evento dissociativo, l'hanno definito i medici.
Un mese rinchiusa in psichiatria e un braccio amputato per sempre.
Mente e corpo che si dissociano rientrano forse in quella sfera di eventi plausibili che più mi terrorizzano, e vedere la mia amica, una delle persone più razionali, ciniche e meno romantiche che io conosca fare un gesto del genere, non ricordare assolutamente nulla dell'accaduto e dover ammettere con se stessa che qualcosa di serio ha cambiato per sempre la sua vita....
Dio che mese duro è stato!

Marzia stava sempre meglio.
I medici prospettavano un uscita dal reparto psichiatrico a breve. Del resto era passato quasi un mese e Marzia era evidentemente tornata la persona più razionale, cinica e meno romantica che chiunque di loro avesse mai conosciuto.
Sindrome dell'arto fantasma ed anaffettività a parte, i medici credevano che Marzia fosse davvero pronta ad uscire.

Era una domenica mattina di sole, il buon umore aveva preso di nuovo il sopravvento e il mio uomo aveva quasi del tutto annientato l'ansia che lo aveva colpito un mese prima quando ebbi il mio attacco di panico.
Ad un tratto arriva una telefonata da suo cugino da Milano.

Vederlo cambiare faccia e pronunciare solo la frase "Marco chi?" è stato un altro colpo di coltello dritto al cuore.

Il suo migliore amico la sera prima era in macchina con dei ragazzi. Una manovra sbagliata in montagna e giù per 100 metri di burrone.
Morto così, a 27 anni, con una carriera da veterinario, un cuore enorme e una storia familiare di quelle da film strappalacrime.

Non avevo mai sentito bestemmiare il mio fidanzato prima di allora.